<<A MUSICALL BANQUET>>

Di sicuro l’editore, liutista e compositore inglese Robert Dowland non poteva immaginare che alla “varietie of delicious Ayres” della sua raccolta, stampata a Londra nel 1610, sarebbe stata sostituita una lunga suite – con molti spunti
autobiografici – di ritratti o ricordi diversi di persone defunte (non tutti scritti dopo la loro morte; ma senza alcun
“coccodrillo”), celebrazioni, memorie, appunti, storielle, battute e barzellette, talora anche non “musicali”, come
avviene in questo libro, che ne ha preso, appunto, il titolo 1 .


È quindi un volume che raccoglie, nelle sue prime tre parti, cose scritte in tempi differenti e non tanto per insegnare, quanto piuttosto per far ricordare (anche a… me stesso) “storie” che non fanno “Storia”, e a volte riguardanti personaggi, argomenti, episodi e situazioni che sono o possono sembrare talora di interesse ristretto, se non addirittura marginali.
Non così per me, che sono nato e vissuto per oltre trent’anni in provincia (e poi ancora…), quasi sempre chiuso in un
guscio – personale o urbano -, anche per una certa difficoltà a socializzare, se non in circostanze particolari. E per il
lavoro fra suoni e pentagrammi – trovatomi “coinvolto” – mi son dovuto attivare e “qualificare” come musicologo, ma
per necessità di inquadramento professionale, non per una scelta preferenziale


Questo non mi ha impedito, tuttavia, di avere contatti proficui con studiosi anche illustri e di affrontare qualche
tema, o ambiente, “extra moenia”, dopo aver tanto avuto da grandi maestri come Silvio Deflorian, Renato Dionisi, Celestino Eccher, Federico Mompellio e Nunzio Montanari; nonché da Guglielmo Barblan e Andrea Mascagni, pur non
essendone stato allievo. Molto ho appreso – eravamo sul finire degli anni Quaranta e poi lungo tutti i Cinquanta –
anche ascoltando radio, dischi ed esecuzioni dal vivo; e poi dalle relazioni con colleghi come Alberto Basso, Mario
Fabbri (troppo presto scomparso!), Claudio Gallico e Oscar Mischiati.
Ora, per accennare brevemente al contenuto di questa terza,definitiva versione del volume – che ho qualificato come
“Progetto per un libro” – ne do sommaria indicazione.

Nella prima parte ho voluto ricordare variamente personaggi quali Federico Mompelio, mons. Celestino Eccher,
Fernando Mingozzi, Nunzio Montanari, Silvio Deflorian, Arturo Benedetti Michelangeli, p. Mario Levri, Renato Lunelli, Guglielmo Barblan, don Lorenzo Feininger, Giannino Carpi, Massimo Mila e un Cardinale Patriarca di Venezia. Poi anche Renato Dionisi , Andrea Mascagni e una igura di importanza locale quale fu Guido Patuzzi per Riva del Garda; e ancora miei coetanei come Mario Fabbri, Camillo Moser, Ezio Michelotti; infine, Oscar Mischiati per i suoi tre anni al Conservatorio di Bolzano, dove con me, Claudio Gallico e Francesco Degrada costituì presso la biblioteca un nucleo di studiosi che fu tra i primi a sostenere la nascita della Società italiana di musicologia .

Mi permetto di segnalare che molti di questi nomi – se non già noti al lettore – sono ovviamente reperibili nel
Dizionario universale della musica e dei musicisti (DEUMM) della UTET o anche in fonti più recenti; quello dei trentini
per nascita o prevalenza di attività, pure nel Dizionario dei musicisti nel Trentino di A. Carlini e C. Lunelli].
Nella seconda parte, fra le altre cose rievoco, anche brevemente, la Filarmonica di Rovereto e quella di Trento, la
Federazione Cori del Trentino, l’orchestra “Haydn”, il Coro della SAT e il “Roen” di Don (Alta Anaunia), la Scuola
musicale civica di Riva del Garda e l’Associazione delle scuole musicali trentine.


Il titolo di “Satura” dato alla parte successiva, vorrebbe esprimere appunto un miscuglio di scritti seri e faceti, fra i
quali pezzi lunghi e “impegnati”, come una specie di recensione di carattere locale, nel 1990, del diciottesimo e ultimo
volume della famosa enciclopedia Die Musik in Geschichte und Gegenwart (MGG), e, tre anni dopo, una energica
manifestazione di indignazione e grande timore per la minacciata soppressione delle orchestre e dei cori della RAI
(purtroppo avvenuta quasi totalmente ormai da oltre un decennio). Di diverso interesse è il racconto, sempre nel
1993, della mia esperienza per una quindicina d’anni nell’ingranaggio del Concorso “Busoni”.

[Gli scritti di queste prime tre parti, se non sono indicati come inediti o redatti appositamente per questo volume,
erano dispersi in libri, periodici, giornali o altre pubblicazioni, per la cui precisa collocazione rinvio all’Appendice II].
Per la quarta parte, dal titolo “K 522” e per le due Appendici3 , rimando a ciò che scrivo in quanto ho premesso
a ciascuna di loro.
Esaurita la succinta descrizione del contenuto del libro – con “ingredienti” fin troppo vari per un banchetto – non mi
resta da augurarmi altro se non che, per chi abbia avuto la paziente cortesia di leggerlo, le numerose “portate” offerte
non gli siano risultate proprio tutte… indigeste!

Gian Luigi Dardo
Caldaro, novembre 2006